Festa di maggio 2025

Antonietta Benni, una luce nel buio di Montesole: la testimonianza di perdono e resilienza

Don Massimo Ruggiano racconta la storia della consacrata che sopravvisse all'eccidio nazista e scelse di tornare tra i sopravvissuti.

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BVI – Il 22 maggio 2025, in occasione della festa, Don Massimo Ruggiano ha raccontato la straordinaria testimonianza di Antonietta Benni, consacrata laica delle Orsoline e sopravvissuta all’eccidio di Montesole del 1944. Attraverso documenti, testimonianze e un toccante racconto personale, Don Massimo ha fatto rivivere la figura di Antonietta, una donna che “ha trasformato la ferita in feritoia”, lasciando un’eredità di speranza per le generazioni future. Durante l’incontro, organizzato in occasione dell’ottantesimo anniversario della strage, è emerso il coraggio di Antonietta, che, dopo aver subito violenze inenarrabili, scelse di perdonare i suoi carnefici e di dedicare la vita a sostenere gli altri sopravvissuti.

Don Andres Bergamini apre l’incontro ringraziando Don Massimo Ruggiano per la sua presenza, sottolineando che è la prima volta che viene invitato nella parrocchia della Beata Vergine Immacolata (BVI). L’evento si inserisce nella settimana di festa di maggio, caratterizzata non solo da momenti conviviali ma anche da approfondimenti culturali e spirituali. Viene menzionato un altro incontro previsto per venerdì sul tema del referendum, utile per riflettere sulle scelte politiche attuali.

Don Andres spiega che Don Massimo è stato invitato in occasione dell’ottantesimo anniversario dell’Eccidio di Montesole, un evento tragico della Seconda Guerra Mondiale di cui la diocesi ha organizzato diversi momenti commemorativi. In particolare, si fa riferimento al libro “La mia casa è qui” pubblicato dalla casa editrice Zikkaron, che raccoglie le testimonianze di Antonietta Benni, sopravvissuta alla strage. Il libro, breve ma intenso, offre una ricostruzione organica degli eventi, basata sia sui racconti diretti della Benni che su ulteriori ricerche documentali.

Don Massimo Ruggiano racconta la sua connessione con Montesole e Antonietta Benni

Don Massimo inizia ringraziando i presenti e raccontando il suo legame con Montesole. Ordinato sacerdote nel 1985, ha scelto di celebrare l’anniversario della sua ordinazione visitando luoghi segnati dalla sofferenza, come Montesole, dove non era mai stato prima. Negli anni, ha approfondito la conoscenza della strage, inizialmente attraverso letture generiche e poi grazie a incontri con testimoni diretti.

Una svolta significativa avviene quando, durante un pellegrinaggio, incontra una signora di cognome Paselli, il cui parente era sopravvissuto alla strage di San Martino di Caprara. Da lei scopre l’esistenza di Anna Rosa Nannetti, autrice di tre libri sui bambini sopravvissuti a Montesole, tra cui Antonietta Benni, che all’epoca dei fatti aveva poco più di un anno. Don Massimo inizia così a intervistare i sopravvissuti e a organizzare pellegrinaggi con guide come Francesco Pirini, Fernando Piretti e altri.

La figura di Antonietta Benni e l’esperienza a Cerpiano

Don Massimo si concentra sulla figura di Antonietta Benni, una consacrata laica delle Orsoline, che prima della strage era un punto di riferimento per la comunità di Montesole, occupandosi dell’asilo e sostenendo i carcerati politici. Durante l’eccidio, si rifugiò nella chiesina di Cerpiano con bambini, donne e anziani, mentre gli uomini si nascondevano nei boschi. I nazisti lanciarono bombe a mano all’interno della chiesa, uccidendo la maggior parte delle persone. Antonietta, ferita da una scheggia, fu creduta morta e riuscì a salvarsi insieme a due bambini, Fernando Piretti e Lidia (il cui cognome non è ricordato), rimanendo nascosta per 33 ore prima di fuggire.

Dopo la strage, i nazisti occuparono il palazzo di Cerpiano, utilizzandolo come postazione strategica. Antonietta e altre due donne furono costrette a vivere nella cantina, mentre i soldati si trovavano al piano superiore. Una bambina di cinque anni, Anna Maria, nascosta in un tino, testimoniò le violenze subite dalle donne, compresa Antonietta, che in un interrogatorio post-liberazione dichiarò apertamente di essere stata violentata.

Il ritorno a Montesole e il perdono

Nonostante il trauma, Antonietta tornò a vivere a Gardeletta (non a Cerpiano, completamente distrutta) e iniziò a radunare i sopravvissuti per condividere momenti di conforto, evitando però di parlare esplicitamente della guerra per non traumatizzare ulteriormente i bambini. Ogni rumore di sparo la faceva sobbalzare, segno di un dolore mai superato ma tenuto sotto controllo per amore degli altri.

Un episodio significativo fu la richiesta di grazia per il criminale nazista Walter Reder, responsabile della strage. Antonietta si espresse con lucidità: “Perdono sì, grazia no”, sostenendo che il perdono cristiano non doveva annullare la giustizia umana. Questo atteggiamento influenzò anche altri sopravvissuti, come Fernando Piretti, che durante un processo nel 2006 perdonò pubblicamente Reder nonostante avesse perso 14 familiari.

La morte e l’eredità spirituale

Antonietta morì il 28 maggio 1974 in un incidente stradale dopo aver partecipato alla messa. Don Massimo sottolinea la sua capacità di trasformare il male subito in amore concreto, evitando che il trauma si trasmettesse alle generazioni successive. Sulla sua tomba è scritto “Ha dato la vita per i bambini”, e Don Massimo conclude con una riflessione: “Antonietta ha fatto come Gesù: ha liberato il male dalla ripetitività, impedendo che la violenza diventasse un’eredità inevitabile. A Cerpiano, nonostante tutto, l’amore ha vinto.”

L’incontro è proseguito con alcune domande dal pubblico.

Il libro “La mia casa è qui” edito da Zikkaron