Adulti in cammino

Oltre le briciole: un incontro per scoprire la povertà che salva

Un bel confronto dal Vangelo e all'esperienza: dalla Tanzania al centro d'ascolto, la sfida è costruire relazioni d'affetto.

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BEATA VERGINE IMMACOLATA – Sabato 22 novembre 2025, il gruppo “Adulti in cammino” si è riunito per un incontro sul tema della povertà. Guidati da don Andres, che ha ricordato come l’argomento rientri nel solco delle “tre P” indicate dal Vescovo nella sua lettera pastorale, i partecipanti hanno ascoltato le testimonianze di Tommaso, Erica ed Enrico.

Il dialogo, partendo dalla parabola del ricco e di Lazzaro povero, ha toccato l’accoglienza familiare, il servizio in Caritas, il rapporto con genti di altre nazioni per arrivare a una domanda cruciale: chi è veramente il povero, e cosa ci chiede Dio attraverso di lui? Presenti anche nuovi volti, amici di Andrea, arrivati dalla Dozza dopo che un’improvvisa nevicata aveva cambiato i loro piani, a dimostrazione che a volte è proprio dagli imprevisti che nascono le occasioni più preziose.

L’intervento di Tommaso: Dio che si fa povero e la sfida della fraternità

Tommaso ha aperto la serata con un commento provocatorio sulla parabola del ricco e del povero Lazzaro.

  • Dio rivoluziona lo status quo: Ha sottolineato come Dio ribalti l’immagine naturale di un Dio lontano e ricco, scegliendo invece di farsi povero, di farsi “quel Lazzaro” che giace alla nostra porta. Questo è il punto di partenza di ogni rapporto con la povertà: personale, comunitario e universale. Il mondo, ha osservato, assomiglia proprio a quel banchetto dove pochi mangiano e miliardi aspettano briciole; ma il Signore detesta questa situazione.
  • L’abisso da colmare: Il guaio del ricco è l’incapacità di accorgersi del povero, attraverso il quale Dio si fa vicino a noi. Non accorgendoci di Lui, ricreiamo quell’abisso che Cristo ha colmato venendo povero fra noi.
  • L’esperienza africana e l’aggancio con la parabola: Dopo 30 anni in Africa, Tommaso ha confessato di aver faticato ad agganciare la parabola alla sua esperienza, non perché non sia entrato in contatto con la povertà, sia nella sua dimensione di miseria che nella sua forma positiva di povertà redenta, ma perché le persone incontrate erano diventate nomi, volti, amici. L'”aggancio” è stato comprendere che il Signore non ci chiede semplicemente di “fare cose” per i poveri, ma di voler loro bene, di instaurare un rapporto affettuoso e reciproco. È questa relazione che salva e trasforma il povero da “minaccia” da tenere a distanza a “opportunità” di affetto.
  • La povertà culturale: Un ultimo passaggio cruciale è stato sulla povertà culturale. Tommaso ha avvertito che la ricchezza culturale, se non si fa “scambio” e non accetta di “impoverirsi” per incontrare l’altro, diventa un muro. Per costruire una fraternità autentica, specialmente con culture diverse, è necessario un atteggiamento di umiltà e ascolto, deponendo ogni senso di superiorità.

L’intervento di Erica: L’esperienza familiare tra gioia e messa in discussione

Erica ha condiviso la storia della sua famiglia, mostrando come l’incontro con i poveri l’abbia profondamente segnata.

  • Dall’idea all’azione: Spinta dalla consapevolezza di quanto la loro vita fosse “fortunata”, e colpita dalla frase evangelica “l’avete fatto a me”, la coppia ha iniziato fin dal fidanzamento varie forme di volontariato avendo chiaro che è nella relazione e non nell’elemosina che si deve accogliere il povero, il piccolo.
  • L’accoglienza dei cinque fratelli: Quando i propri figli sono diventati un po’più grandicelli, hanno scelto di divenire famiglia d’appoggio cioè iniziare un progetto di accoglienza e sostegno per un nucleo familiare in difficoltà in cui fossero presenti dei minori. Quello che doveva essere un bambino solo è diventato, in dieci anni, l’accoglienza di cinque fratellini, in una situazione familiare complessa di povertà e disabilità. Un’esperienza “forte nella fedeltà”, con la consapevolezza di aver dato momenti di gioia ed aiuto concreto alla famiglia ma non priva di difficoltà: le relazioni con i servizi sociali ed il SSN, la gestione del tempo che poteva sembrare sottratto ai propri figli od ai propri genitori, i confini da tracciare nell’aiuto, la fatica di relazionarsi con una cultura e un modo di vedere la vita diverso. Il sostegno continua ancora ma in forme e modi diversi dal passato e con un impegno molto minore in termini di tempo.
  • Il servizio in Caritas e le domande aperte: Da qualche anno Erica si è impegnata nel Centro d’ascolto Caritas. Un servizio diverso in cui la dimensione personale e la dimensione istituzionale si intrecciano e in cui ha ritrovato la bellezza dell’incontro (nuove famiglie con cui creare relazioni di aiuto ma anche di affetto), ma anche il peso delle scelte (come si sceglie chi aiutare?) e la frustrazione di non poter fare tutto per tutti.
  • Due riflessioni di Tommaso l’hanno aiutata nella riflessione sulle proprie esperienze: 1) Viviamo in un mondo di ingiustizia, ma ogni nostro atto, anche piccolo, che va in senso contrario all’ingiustizia, è il nostro contributo a diminuire l’ingiustizia del mondo. 2) La “misura” del servizio non va rapportata al nostro senso di colpa, ma determinata dalla propria vita – dagli incontri che Dio ti mette sul cammino e dalle esigenze della tua famiglia – Sono gli eventi che ti indicano il percorso da seguire.

L’intervento di Enrico: La povertà in spirito e l’esame di coscienza

Enrico ha focalizzato il suo intervento sui poveri in spirito, il tema che più lo ha colpito.

  • Apertura all’ascolto e all’incontro: Ha sintetizzato che il povero in spirito è chi ha apertura all’ascolto e all’incontro.
  • L’esempio personale e lo “sgambetto”: Ha fatto un esame di coscienza sul suo dare l’elemosina a un ragazzo al bar: si è reso conto che spesso dà il suo superfluo, non un aiuto vero. Il vero “sgambetto” morale è avvenuto quando il ragazzo, instaurato un minimo di rapporto, gli ha chiesto un lavoro. Enrico, pur potendo, si è frenato per “limiti” e paure, interrogandosi: “Quanto riesco io a essere per gli altri?”.
  • La critica distruttiva: Mentre si è sempre speso totalmente nell’esperienza di famiglia d’appoggio, ha ammesso un altro limite: la sua tendenza a essere un “critico estremo” e distruttivo verso il lavoro di Erica in Caritas, facendosi un po’ vincere dalla diffidenza verso chi viene a chiedere aiuto, invece di offrire una mano costruttiva, promettendo di lavorare su questo aspetto.

Le domande e le conclusioni del gruppo

Erica ha ripreso la parola per spiegare le domande ispirate da alcuni brani proposte al gruppo, su cui la coppia e Tommaso si erano confrontati in preparazione all’incontro:

Scarica il foglio con i brani e le domande proposte

  • Beati i poveri in spirito (Matteo) vs Beati i poveri (Luca): Hanno riflettuto sulla citazione di Papa Francesco che definisce i poveri in spirito come coloro che sanno dire “permesso, grazie, scusa“, persone non invadenti, che non competono. Una sfida personale per Erica, che ammette la fatica di chiedere “permesso” nell’aiuto, pensando spesso di saper trovare la soluzione giusta per tutti.
  • La vedova che dà tutto: La domanda è: mi limito a dare il superfluo o, come la vedova, sono capace di spendermi completamente nella relazione?
  • Il video dell’elemosiniere del Papa: Un’ulteriore provocazione: l’invito di Papa Francesco a “vendere la scrivania” e andare in mezzo ai poveri, e la riflessione sulla necessità di avere “la borsa sempre pronta” per rispondere ai bisogni immediati delle persone. Questo, spesso è il contrario di quanto si fa nei centri d’ascolto Caritas, che aspettano che i poveri vengano da loro e gestiscono con parsimonia gli aiuti. Erica ha condiviso la bellezza di “andare verso”, di farsi incontro ma anche l’impossibilità ad applicare in toto le indicazioni di Papa Francesco perché nelle istituzioni c’è anche una componente di responsabilità.

Dopo gli interventi, don Andres ha ringraziato i relatori e i partecipanti si sono divisi in piccoli gruppi per continuare la riflessione, prima di concludere la serata con una cena comunitaria.