Catechesi

Formazione catechisti: “Sto alla porta e busso”, la preghiera come esperienza di figliolanza e comunione

Il primo incontro di formazione per i catechisti della ZP con don Cristian Bagnara

BVI – Giovedì 11 settembre 2025 c’è stato il primo di tre incontri dedicati alla formazione dei catechisti per la nostra Zona Pastorale. Erano presenti circa 25 persone che si occupano a vario livello delle formazione cristiana nelle nostre tre parrocchia. Ecco una sintesi dell’incontro.

La convocazione è stata data alla messa delle 18.30 dove don Alessandro Marchesini ha commentato il vangelo del giorno parlando di come “divenire misericordiosi come il Padre vostro è misericordioso” è un processo, che ha delle tappe e una crescita progressiva. Nel salone, durante la cena condivisa, le persone hanno socializzato scambiandosi le esperienze estive.

Il video breve:

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Durante l’incontro di preghiera nella chiesa delle Beata Vergine Immacolata, don Cristian Bagnara, direttore dell’Ufficio Catechistico della Chiesa di Bologna, ha guidato una riflessione sul senso della preghiera e della missione catechistica. A partire dal Salmo 118 e dal Vangelo di Luca, ha mostrato come la preghiera non sia solo un atto personale, ma una dinamica di intercessione, comunione e figliolanza. Attraverso il silenzio, la Parola e l’Eucaristia, i catechisti sono stati condotti a riscoprire la loro vocazione: accogliere il Figlio, vivere come figli e sposi di Cristo, e custodire la gioia che nasce dalla volontà di Dio.


Don Cristian ha introdotto la serata spiegando che avrebbe offerto alcune parole per aiutare a decodificare l’esperienza vissuta insieme. La dimensione essenziale, però, sarebbe stata il silenzio: un tempo prezioso per l’adorazione eucaristica, per sostare davvero davanti al Signore.

In un contesto in cui i catechisti sono solitamente “persone d’azione” — programmare, organizzare, preparare incontri — l’incontro ha rappresentato una vera provocazione: la prima cosa accaduta è stata fermarsi. Fermarsi non per pigrizia, ma per aprirsi a Qualcuno che ci precede, Gesù Cristo, la Parola di Dio incarnata. Il titolo scelto — “Nella tua volontà è la mia gioia, mai dimenticherò la tua parola” (Sal 118) — ha ricordato a tutti i presenti che la Parola di Dio è ciò che mette in movimento e rinnova la vita interiore. Non va dimenticata, perché è sorgente di gioia e forza.

I luoghi e i segni della preghiera

Don Cristian ha sottolineato l’importanza non solo delle parole, ma anche dei luoghi e dei gesti nella preghiera. Per questo, la serata è stata articolata in spazi distinti: la proclamazione della Parola, l’eco personale e comunitaria attraverso i commenti, e la risposta orante del popolo. La diversità dei luoghi ha aiutato a vivere la pluralità della preghiera cristiana. La riflessione è stata arricchita da alcuni testi di madre Anna Maria Canopi, monaca benedettina. Nei suoi scritti — in particolare in Di silenzio e di parole — la Canopi affermava che la preghiera non è tanto da spiegare, quanto da vivere. Per questo, il modo migliore per trasmetterla è portare altri dentro l’esperienza stessa.

Così anche l’incontro dei catechisti è stato presentato come l’inizio di un percorso condiviso, non basato subito sul “fare”, ma sul lasciarsi introdurre in un’esperienza sorgiva: la presenza di Dio, riconosciuta nell’Eucaristia e nella Parola.

La parabola dei tre pani

Dal Vangelo di Luca, don Cristian ha ripreso la parabola dell’uomo che riceve un ospite inatteso e, non avendo nulla da offrirgli, va a chiedere tre pani a un amico nel cuore della notte. Tre personaggi emergono: l’ospite bisognoso, l’uomo impreparato e l’amico che possiede il pane.

Questa parabola illumina la preghiera come atto di intercessione. L’ospite che bussa rappresenta l’umanità bisognosa, il catechista è colui che, sorpreso da richieste improvvise, va a bussare a Dio per ricevere il nutrimento da condividere. Nel Padre Nostro, chi prega porta con sé tutta la comunità: non chiede solo per sé, ma per tutti. La preghiera diventa così il respiro stesso della vita cristiana: inspirare portando tutto a Dio, espirare per ridare vita ai fratelli.
La parabola può essere letta anche in chiave trinitaria: l’amico che possiede i pani richiama il Padre, chi bussa è l’uomo, e il dono che riceve è lo Spirito Santo, ospite divino che diventa a sua volta ospitante nell’uomo.

Figli e sposi in Cristo

Don Cristian ha poi collegato la parabola al mistero della figliolanza. La colletta liturgica della settimana ricorda che siamo figli adottivi; la preghiera, diceva Canopi, ci fa riscoprire figli amati perché accogliamo il Figlio. Nella parabola l’amico inatteso richiama l’immagine dello sposo: Gesù si presenta dunque come Figlio e Sposo, e il catechista vive l’esperienza grandiosa di essere raggiunto da Lui in un’unione intima e personale.

L’immagine viene approfondita con il passo dell’Apocalisse: “Ecco, sto alla porta e busso”. La preghiera nasce dall’iniziativa di Dio che prende l’iniziativa, bussa, e invita a una relazione personale. Essa si sviluppa nell’ascolto, si apre nell’incontro e culmina nella comunione rappresentata dal pasto condiviso: “cenerò con lui ed egli con me”.

Da questo incontro con il Signore nasce un movimento di desiderio. Per questo ogni catechista ha espresso un desiderio per l’anno, raccolto simbolicamente come un seme deposto nella terra. Come un germoglio, col tempo diventerà frutto, segno della promessa compiuta.

La gioia come esito

Il versetto guida del Salmo 118 — “Nella tua volontà è la mia gioia” — è la sintesi del cammino. La gioia è il frutto della preghiera, dell’accoglienza del Figlio, dell’unione sponsale con Lui. È la gioia di chi vive la volontà di Dio come grazia che esplode di vita.

Infine, don Cristian ha invitato a custodire una parola, un’immagine o un versetto ascoltato, lasciandolo depositare nel silenzio dell’adorazione. Fermarsi davanti a Dio diventa così il cuore dell’esperienza catechistica: imparare a lasciarsi raggiungere e trasformare, per poi tornare ad annunciare con rinnovata gioia.